23 aprile 2010

Federico II e i Templari


di Vito Ricci
Parlando di Federico II non può che venire subito in mente Castel del Monte e tutto il filone magico-esoterico che vi è dietro. Esperti di segreti e misteri di Puglia affermano che i castello fu costruito dai Templari, che lo Svevo incontrasse segretamente nel maniero murgiano i cavalieri rossocrociati per pratiche occulte, qualcuno afferma anche di avere le prove che Federico II era egli stesso un templare, per poi scoprire che tali prove altro non sono che le strampalate teorie esoteriche che di fondamento storico hanno ben poco. Un capitolo a parte merita il discorso del Graal.
Ma allora quali furono i rapporti di Federico II con i Templari sulla base delle evidenze storiche? Molti autori (Bramato, Demurger, Barber) sostengono che l’imperatore, dopo essere rientrato nel Regno di Sicilia nel 1221, avrebbe dimostrato una sostanziale indifferenza nei confronti dell’Ordine del Tempio; tale atteggiamento sarebbe cambiato nel 1227, quando salì al soglio pontificio Gregorio IX, trasformandosi in aperta ostilità. Occorre precisare la naturale preferenza, in quanto tedesco, per l’Ordine teutonico e come il gran maestro di quest’Ordine, Hermann von Salza, fu ascoltato consigliere dell’imperatore. Nel 1227 le relazioni tra Impero e Papato si inasprirono a seguito della scomunica pronunciata da Gregorio IX contro Federico II. Una delle conseguenze fu l’ordine impartito dal sovrano ai Giustizieri del Regno di Sicilia di sequestrare i beni posseduti dai Templari in contrasto con la legislazione vigente in materia di mano morta. La scomunica fu ribadita l’anno successivo motivandola, non solo per la mancata partenza per la crociata, ma anche per la spogliazione dei beni di Templari e Ospedalieri nel Regno di Sicilia. La partenza per la Terra Santa e il recupero incruento di Gerusalemme non favorirono il ritorno a rapporti pacifici tra Federico II e l’Ordine templare, anzi si inasprirono ulteriormente dato che, a quanto pare, i Templari ostacolarono le iniziative diplomatiche avviate dall’imperatore per il recupero senza ostilità di Gerusalemme, arrivando persino a tentare l’uccisione del sovrano sulle rive del Giordano.
Nel 1229 Federico II escluse la Militia Templi da ogni trattato e abbandonò i cavalieri rossocrociati della Siria meridionale agli attacchi musulmani. Lasciando la Terra Santa, l’imperatore accusò di nuovo i Templari di aver provato ad attentare alla sua vita sulla via di San Giovanni d’Acri e proibì loro di entrare a Gerusalemme. Scarsi risultati ebbero le ripetute insistenze di Gregorio IX affinché i Templari fossero reintegrati nel possesso dei beni loro confiscati. Molti danni furono recati alle domus templari della Capitanata; infatti, ancora nel 1249 molte proprietà templari nella zona producevano reddito per la Curia imperiale e per tale motivo furono registrate da Roberto, giudice di Ariano, e Tommaso, notaio di Avellino, nel Quaternus de excadenciis et revocatis Capitinatae, fonte che permette agli studiosi di avere notizie molto dettagliate circa la consistenza delle proprietà templari in Capitanata. Occorre ricordare che Federico II non fu neanche molto tenero nei confronti dei Teutonici, dato che fece sequestrare anche loro beni, come risulta dal Quaternus. Infatti, nella lotta tra Papato e Impero, l’Ordine teutonico parteggiava per quest’ultimo, nella persona del gran maestro, mentre il commendatore di Prussia e quello dei baliaggi delle regioni tedesche si schierarono con il papa. Nel 1248, quando il maestro dei baliaggi tedeschi ottenne dei privilegi dall’antire dei Romani, Guglielmo d’Olanda, l’imperatore ordinò la confisca dei beni teutonici in Puglia e Sicilia, sebbene il commendatore regionale della Puglia gli fosse rimasto fedele.
Nei suoi ultimi anni di vita Federico II cercò di ricomporre l’aspro dissidio con i Templari, ma non vi riuscì. La volontà di riappacificarsi con l’Ordine fu espressa solo nel suo testamento, nel quale disponeva che tutti i beni templari, così come quelli degli altri Ordini che la Curia imperiale deteneva, avrebbero dovuti essere restituiti ai legittimi proprietari.
Altri autori (Cleve, Bulst) sostengono invece che i rapporti tra Federico II e Templari nel Regno di Sicilia non sarebbero stati poi così cattivi sia prima che dopo la crociata, come suffragato da una serie di indizi. Lo svevo, una volta divenuto maggiorenne, nel 1209 e nel 1210 confermò i possedimenti dei Templari nel regno e rinnovò loro i privilegi nel 1221 e nel 1223. Inoltre, durante l’assenza dal regno per la crociata (1228-29), Federico II aveva nominato un templare e un ospedaliero provveditori ai castelli della Calabria. Evidentemente egli nutriva fiducia nei confronti del Tempio e dell’Ospedale. Nel settembre 1229 confermò ad Armand de Perigord, precettore delle case templari di Sicilia e Calabria, i beni dell’Ordine in alcune località siciliane, mentre nell’agosto dell’anno successivo ordinò la restituzione di terre e bestiame sottratti a Ospedalieri e Templari in Sicilia. Secondo Houben, l’elezione di Armand de Perigord a gran maestro del Tempio, avvenuta nel 1232, potrebbe essere valutata come un tentativo dell’Ordine per cercare di migliorare i suoi rapporti con l’imperatore. Solo con l’inasprimento del conflitto con il Papato, la nuova scomunica risale al 1239 e la deposizione da imperatore al 1245, i rapporti si deteriorarono irreversibilmente.
Una questione è certa: nel 1240, quando si ritiene che iniziarono i lavori di costruzione di Castel del Monte, i rapporti tra Federico II e i Templari erano già pessimi e non è proprio possibile che i cavalieri rossocrociati abbiano, in alcun modo, aiutato l’odiato sovrano svevo nella realizzazione del castello.